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Schemi delle normative per il costruttore e l'azienda
Tratto da “I Quaderni dell’Aria Compressa” - maggio 2005

Se l'azienda si fa il compressore

 
Ingegner Massimo Rivalta


Le cinque norme di riferimento che riguardano l'industria costruttrice dei compressori. Questo l'argomento approfondito in un analogo articolo pubblicato lo scorso mese di aprile. In questa seconda puntata esaminiamo, invece, cosa deve fare un'azienda che decida di avviare una attività propria e che abbia bisogno di un impianto di aria compressa, rispettando gli specifici articoli di legge. Una esposizione, come al solito, chiara e sintetica.

Il problema della normativa e della relativa applicazione, in ambito nazionale e comunitario, non si esaurisce nell'aver ottemperato e rispettato, nella costruzione di un compressore, tutte le indicazioni tecniche e la redazione della documentazione attestante gli avvenuti controlli e certificazioni individuate dai riferimenti legislativi.
Ma occorre qualcosa di più.
Nell'articolo pubblicato sul numero di aprile, abbiamo evidenziato il corretto approccio con la vigente normativa, dando una serie di indicazioni importanti ma non sufficienti, all'azienda utilizzatrice, per risultare a norma con la parte organizzativa.
Vista dall'esterno, la cosa può apparire molto strana. In realtà, fino ad ora, si è soltanto analizzato l'aspetto tecnico della costruzione del compressore.
E' necessario, pertanto, dopo aver individuato il campo di attività in cui si vuole procedere, traguardare il punto di arrivo e di partenza, al tempo medesimo, per costruire materialmente il cuore dell'impianto.


Il percorso da seguire

Si consideri, quindi, un'azienda che decida di avviare una attività propria e che necessiti di un impianto di aria compressa, rispettando il lungo elenco degli articoli di legge.
Prima di tutto, ovviamente, deve poter considerare come essa stessa si pone di fronte alla vigente legislazione.
Con l'aiuto della figura che correda questo articolo, cerchiamo di contribuire, nella maniera più esauriente possibile, alla individuazione e alla priorità dei riferimenti normativi nel settore.
Si comincia con l'ormai famoso e conosciutissimo Dl 626/94 (con tutte le modifiche successive del caso), che viene richiamato sia in quanto obbligatorio, all'interno di aziende in cui ne è prevista l'applicazione, sia per motivi di aggiornamento della analisi del rischio.
Infatti, come tutti sapranno, l'applicazione del citato Dl, riguardante la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro, non muore con un documento redatto da un professionista e firmato dal datore di lavoro e da pochi altri responsabili.
La sua importanza risiede anche nel fatto che la sua applicazione rappresenta, in una certa maniera, l'evoluzione tecnica e tecnologica dell'azienda medesima.
E' previsto che l'analisi dei rischi aziendali, quelli presenti in azienda, sia aggiornata al pari della formazione e informazione dei dipendenti.
Ciò significa che, nel momento in cui il datore di lavoro apporta delle modifiche (sia agli impianti produttivi sia agli impianti tecnici e tecnologici), deve discuterne con il responsabile della sicurezza (Rspp) e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) al fine di mantenere elevata la sicurezza nel luogo di lavoro, annullando - o riducendo al minimo ove possibile - il rischio presente.
Quindi, il nuovo impianto che verrà installato nell'azienda non potrà prescindere dalla analisi del rischio precedentemente preparata, ma sarà oggetto di analisi tecnica e di valutazione del nuovo rischio.
Se le cose sono eseguite a regola d'arte, basterà modificare veramente poco e in maniera intelligente la documentazione già esistente.
Poiché il Dl 626/94 è una normativa molto personalizzabile nell'applicazione, e l'applicazione stessa fa riferimento a varie altre normative applicabili, il professionista intelligente è quello che ha una visione completa del tipo di azienda in cui è chiamato a svolgere i propri incarichi, così come conosce profondamente la tipologia di impianto che deve valutare.
Questo spiega il motivo per cui, a cappello di tutto, il Dl 626/94 rimane il riferimento principale.

Analisi del rischio
A seguito di ciò, ecco la scoperta dell'analisi del rischio aggiornata e la conformità ad altre normative che devono essere considerate in fase di installazione di nuovo impianto.
Procedendo con ordine, l'installazione di un nuovo impianto di aria compressa prevedrà quadri elettrici, macchinari, collegamenti, tubazioni in rete, raccordi, valvole, attrezzature.
In questa fase il datore di lavoro, o il preposto per lui, dovrà osservare che:
tutti gli interventi di natura elettrica (dorsali principali, secondarie e punti corrente) siano conformi alla normativa sugli impianti elettrici Dl 46/90;
tutti gli interventi effettuati siano riportati in aggiornamento allo schema principale dell'impianto elettrico aziendale;
tutti gli impianti elettrici di ogni singolo componente installato o da installare (quadri elettrici di comando e/o di potenza, compressori.) siano parte integrante della documentazione in dotazione a ognuno;
tutti gli interventi eseguiti da un professionista qualificato siano accompagnati da una certificazione di conformità dei lavori eseguiti in maniera dettagliata;
tutti i macchinari installati, o a essi riconducibili, siano conformi alla Direttiva Macchine (Dpr 459/96) con l'applicazione del Marchio CE di conformità del costruttore;
tutti gli accessori installati riportino il marchio di conformità CE previsto.


Norma specifica

In ambito più dettagliato, invece, l'installazione di un i0mpianto di aria compressa è soggetta a una normativa tecnica molto specifica, anch'essa molto nota agli addetti ai lavori e di cui si è anche parlato a lungo sulle pagine di questa rivista: la Direttiva 97/23/CE, meglio conosciuta come Ped (Pressure equipment directive).
La Ped è la Direttiva europea, entrata in vigore il 29 maggio 2002, che armonizza la legislazione del settore "Attrezzature in pressione" e che sostituisce tutte le precedenti Regole nazionali.
Da tale data, solo attrezzature che soddisfano i requisiti della Ped e aventi il marchio CE potranno essere immesse sul mercato.
La Ped si applica alla progettazione, fabbricazione e valutazione di conformità delle attrezzature in pressione sottoposte a una pressione massima ammissibile superiore a 0,5 bar, quali recipienti, tubazioni, accessori di sicurezza, accessori a pressione.
Le attrezzature vengono suddivise in differenti categorie in base alla massima pressione ammissibile, al volume e al fluido cui sono destinate.
Non si applica alle "pipelines" (comprese quelle per olio e gas circostanti i siti industriali), alle reti percorse dall'acqua, alle attrezzature per veicoli, alle attrezzature per uso nucleare, ai motori, alle apparecchiature in uso nei settori esplorazione ed estrazione del petrolio, del gas o geotermico.
Approfondendo ancora, si ricade nei casi specifici dei siti o delle applicazioni speciali già individuati nell'articolo precedente. Richiamando, cioè, in causa, la Atex (luoghi classificati a rischio esplosione) e il Dl 46 per i dispositivi medici.

La certificazione
Affinché le normative sopra individuate siano rispettate, è necessario che ogni intervento per la realizzazione dell'impianto sia collegato a una certificazione:

i macchinari e i componenti, anche i più semplici, devono essere marchiati CE;
l'impianto realizzato deve essere certificato Ped.

Solo a questo punto avremo la consapevolezza e la certezza (si spera) di aver rispettato tutta la normativa vigente a livello nazionale.
Ciò, ovviamente, come in molte altre situazioni, non ci permette di scaricare le responsabilità su qualcun altro, ma semplicemente di aver fatto il possibile per la sicurezza nostra e dei nostri collaboratori. E la responsabilità? Condivisa, come sempre, con le altre figure che sono intervenute e che hanno certificato e ispezionato l'impianto.




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